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laptop e cellulari su scrivania vista dall'alto

Cos’è l’inquinamento digitale e cosa fare per ridurlo

Non stampare questa mail se non è necessario: così apostrofa un piccolo, moraleggiante jpg in calce alle nostre mail aziendali. Si sa, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Se anche tu hai pensato (o pensi ancora) al web come una soluzione dematerializzata ed eco-compatibile, prenditi un minuto e continua a leggere.

Tecnologia sostenibile: un po’ di numeri

Stando al Corriere della Sera, se inviamo una mail con allegato, immettiamo 50 grammi di Co2 nell’atmosfera. Se ci perdiamo a scrollare il feed di facebook, il nostro contributo sarà di circa 300 grammi di Co2 l’anno, mentre ogni chiamata a una pagina web con contenuti multimediali pesa 0,2 grammi. Quanto a emissioni di anidride carbonica la tecnologia dell’informazione è il quarto “luogo” al mondo, dopo Stati Uniti, Cina e India.

Secondo le stime elaborate da un recente report di Capgemini, Internet genera il 4% delle emissioni di Co2 a livello globale e si prevede che la cifra triplicherà entro il 2025, rispetto ai livelli del 2010. Inutile dire che la pandemia Covid-19 ha premuto sull’acceleratore del processo, spostando sul web processi lavorativi, didattici e di contatto.

Cos’è l’inquinamento digitale

L’inquinamento digitale copre tutto ciò che facciamo con la rete. Non parliamo solo di produzione e smaltimento di dispositivi tecnologici, ma anche e soprattutto di tutto ciò che riguarda i dati: conservazione, spostamento, costruzione e sviluppo più o meno efficiente dei siti web, pesantezza delle immagini, video, streaming ecc.

I dati (file audio, video, immagini, pagine di siti web) occupano uno spazio virtuale (il server) e vengono trasferiti all’IP di un utente ogni qualvolta lo richiede. Tutto ciò implica un costo energetico. Per quanto riguarda i siti, i consumi sono in funzione di quante volte viene richiesta una data pagina e quanto questa pagina risponde in modo efficiente alla chiamata. Se pensiamo che i server Google, da soli, contengono 70 trilioni di pagine, iniziamo a farci un’idea dell’ordine di grandezza della mole di dati che viaggia quotidianamente nel web. Il grosso dell’inquinamento digitale proviene proprio dai data center dove le big tech immagazzinano i dati e gestiscono i processi operativi indispensabili per garantire i propri servizi.

Quali sono le cause dell’inquinamento digitale: riassumiamo

In soldoni, alla base dell’inquinamento di internet c’è l’anidride carbonica emessa durante lo scambio di dati o dai sistemi elettrici necessari per far funzionare i data center dei principali servizi digitali. Oltre alle emissioni di gas a effetto serra, va aggiunto l’impatto dell’estrazione, della raffinazione dei metalli e del loro smaltimento (ricordiamo che nel pianeta esistono 34 miliardi di smartphone, computer, game console e televisori e il numero sembra destinato a crescere).

C’è poi un interessante fenomeno sottolineato da Françoise Berthoud, ricercatrice francese presso il Centro Nazionale Francese per la Ricerca Scientifica (CNRS), secondo cui l’aumento di efficienza in una determinata tecnologia (in termini di tempo necessario, energia utilizzata, spazio fisico o di memoria occupato) genera un nuovo bisogno incrementale. In parole povere, i risparmi di efficienza saranno sempre del tutto o parzialmente controbilanciati. Il fenomeno prende il nome di effetto rimbalzo e il suo impatto a livello ambientale è indiretto e più difficilmente misurabile, ma insito nel nostro modello economico di crescita.

Tecnologia e sostenibilità ambientale: i big tech

La sfida è enorme. I Big Tech annunciano obiettivi ambiziosi: alimentazione dei data center esclusivamente a energie rinnovabili, ingenti investimenti in fondi per l’ambiente, iniziative di responsabilità sociale e aziendale, attraverso riforestazione e finanziamento di progetti di ricerca. Lo scopo: limitare i danni intervenendo sulle loro attività dirette, evitando però l’integrazione dell’intera catena del valore e conservando caratteristiche tecniche e di design che incentivano i consumi.

Best practices per la sostenibilità online: cosa possiamo fare noi

La sfida non interessa solo i big. Anche noi possiamo (e dobbiamo) fare la nostra parte. Come programmatori, ad esempio, possiamo:

  • mantenere il codice pulito (eliminiamo script inutilizzati che se ripetuti su più sessioni consumano per niente)
  • ottimizzare le immagini (un sito veloce è, in genere, più efficiente ed eco-friendly)

Per non parlare dell’uso che tutti noi facciamo di smartphones e dispositivi elettronici. Noi possiamo:

  • eliminare le foto inutili
  • cancellare le app che non usiamo
  • usare piattaforme di scambio per file pesanti
  • accedere a web meeting senza video
  • inviare meno foto, video e vocali
  • usare lo streaming con attenzione
  • pulire periodicamente la casella email
  • aprire meno finestre sul desktop ed evitare dispendioso e inutile multitasking
  • fare un solo backup
  • ripulire mailing list e rimuovere allegati a mail a cui si sta rispondendo
  • ottimizzare dimensioni dei file di invio / archiviare e usare quanti più dati possibile localmente / disiscriversi dalle newsletter che non interessano

Noi siamo pronti a fare la nostra parte. E tu? 🙂

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